mi è sembrato interessante condividere questo articolo di Eugenio Scalfari apparso oggi sul sito di Repubblica.
buona lettura
Un cura immediata da 12 miliardi
di EUGENIO SCALFARI LA BORSA italiana ha paurosamente sbandato nella prima mattinata di ieri, poi si è ripresa. L’emissione di titoli del Tesoro è andata male, c’è stato un calo della domanda e un’ulteriore impennata dei rendimenti e dello “spread” rispetto al Bund tedesco. Le altre Borse europee hanno continuato a ballare per tutta la giornata e la stessa cosa è avvenuta a Wall Street. L’attacco della speculazione è dunque rivolto contro tutta la finanza europea e non soltanto contro l’Italia. Ho avuto modo di parlarne ieri con Mario Draghi. La sua valutazione riguarda la necessità che il Consiglio dei Capi di Stato e di governo dell’Unione europea che si riunirà tra una settimana decida di rafforzare anzi di costruire una politica unitaria che finora non c’è stata e la cui assenza ha stimolato l’aggressività della speculazione e la fragilità dei mercati. Avremo dunque ancora alcuni giorni molto agitati in Europa (e anche in Usa) prima di “riveder le stelle”. E in Italia? I commentatori italiani hanno spiegato il miglioramento di Piazza degli Affari con la dichiarazione di Tremonti appena rientrato da Bruxelles a Roma: “Torno al mio posto per chiudere la manovra”.
Il presidente del Senato dal canto suo ha fissato per giovedì il voto ed ha incassato l’accordo delle opposizioni a collaborare costruttivamente con il governo. Napolitano segue minuto per minuto l’andamento dei mercati e il comportamento delle forze politiche e ne sollecita il senso di responsabilità. L’insieme
di questi fatti spiegherebbe il recupero del mercato italiano dopo un inizio che faceva temere il peggio, ma non dice tutto. I mercati non danno gran peso alle dichiarazioni politiche se ad esse non seguono fatti concreti e se ne infischiano delle intenzioni di Alfano, di Bersani, di Bossi e di Schifani. Se ne infischiano anche delle dichiarazioni di Tremonti. Se l’andamento del mercato italiano ha registrato un recupero, ciò si deve soprattutto ad un massiccio intervento della Bce che ha acquistato titoli pubblici italiani per sostenerne il corso e alleggerire le nostre banche. Questa è la vera ragione del recupero e il deterrente che l’Europa può mettere in campo. Se il prossimo Consiglio dei Capi di Stato e di governo autorizzerà la Bce ad utilizzare il fondo già esistente per intervenire sui mercati in difesa dell’euro, la schiarita sarà duratura. Quel fondo ammonta a 500 miliardi con i quali la Bce può sbarrare il passo alla speculazione con un efficace tiro di controbatteria. Naturalmente ciascun paese deve dal canto suo mettere in campo politiche economiche adeguate che affianchino le iniziative prese dall’Ue e dalla Bce. L’Italia in particolare deve costruire una politica economica che sia all’altezza del suo peso: è il terzo tra i paesi ricchi dell’Eurozona; come ha ricordato ieri Ezio Mauro, il nostro debito pubblico rappresenta il 25 per cento del Pil dell’Eurozona, troppo elevato per farci fallire, ma anche impossibile da salvare se il fallimento diventasse inevitabile. In quel caso sarebbe l’intero sistema dell’euro ad affondare.
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C’è un problema di credibilità politica italiana ed anche un problema di credibilità tecnica. E’ difficile dire quale sia dei due quello di maggior peso. La credibilità politica del nostro governo è prossima allo zero in Europa, ma anche la credibilità tecnica si aggira su quel livello. Per dirla con parole chiare: la manovra attualmente in discussione in Parlamento è piena di buchi, di contraddizioni, di proposte sbagliate nel merito e nella tempistica. La sua approvazione al Senato entro giovedì dimostrerà soltanto il senso di responsabilità delle opposizioni, ma non cambierà la natura d’una operazione che è del tutto inefficace e a sconfiggere la speculazione e le reazioni negative del mercato.
Abbiamo già esaminato le manchevolezze della manovra. Le principali sono i due spacchettamenti effettuati dal ministro dell’Economia: quello d’aver collocato il grosso dell’operazione nel biennio 2013-14 e l’altro d’avere limitato la manovra vera e propria a 25 miliardi affidando la reperibilità degli altri 15 alla legge delega della riforma fiscale. Questo duplice spacchettamento ha lasciato il campo libero alla speculazione per tutto l’esercizio attualmente in corso. Tremonti ha più volte dichiarato che i conti pubblici italiani erano in sicurezza per tutto il biennio 2011-12. La risposta dei mercati è stata tale da ridurre a zero la credibilità del ministro. Dimostra che alla guida dell’Economia c’è un timoniere che naviga a vista e non ha alcuna percezione degli scogli disseminati sulla sua rotta. Ma questi non sono i soli errori contenuti nella manovra. Un errore è stato quello d’imporre una vera e propria patrimoniale sui titoli depositati presso le banche.
Dovrebbe fruttare un gettito di 3,6 miliardi ma scoraggerà l’affluenza di risparmio in Borsa e quindi il finanziamento degli investimenti sia pubblici sia privati. Un altro errore è stato quello di rinviare “sine die” il taglio dei costi della politica. Potevano fruttare almeno un miliardo. Molto di più se fossero state abolite le Province. Il solo azzeramento dei vitalizi agli ex parlamentari vale 218 milioni. Personalmente riscuoto come ex deputato un assegno netto di 2400 euro mensili.
Cinque anni fa inviai una lettera ai questori della Camera chiedendo che mi fosse annullato. La risposta fu che ci voleva una legge recepita dal regolamento della Camera, in mancanza di che l’assegno mi sarebbe stato comunque accreditato. Mi domando che cosa si aspetti ad annullare i vitalizi, ad allineare lo stipendio dei parlamentari a livello europeo, a diminuirne il numero, ad accorpare le Province e i Comuni.
Tornando all’insieme della manovra, 15 miliardi sono attesi dalla riforma del fisco. Significa che la nuova fiscalità dovrebbe concludersi con un saldo attivo di almeno 15 miliardi da destinare appunto al risanamento dei conti pubblici (ma non ci aveva detto il ministro che erano stati risanati?). Non conosciamo tuttora da dove verranno quei 15 miliardi perché l’architettura della riforma è sconosciuta (perfino al ministro?). Che cosa debbono pensarne gli operatori, i mercati, la speculazione? Penseranno questo: quei 15 miliardi in realtà sono una scommessa, l’intera manovra sarà parzialmente operativa non prima del 2013, la prateria è dunque aperta alle incursioni speculative d’ogni tipo e genere. Questa è stata la lungimiranza di Tremonti. E questa sarà la manovra che il Senato approverà giovedì. Pensare che basterà a calmare i mercati significa sognare a occhi aperti.
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C’è una sola cosa da fare e da fare immediatamente: anticipare con decorrenza immediata le operazioni collocate nel 2012 e nel 2013. Anticiparle per un ammontare di almeno 10 miliardi puntando soprattutto sul taglio di spese e non su inasprimenti fiscali. Insomma elevare la manovra per il 2011 dagli attuali due miliardi a dodici. Questo deve proporre Tremonti al governo del quale è parte e questo deve ottenere. La manovra così emendata è quella che il Parlamento deve approvare. Diversamente approverà un documento scritto sull’acqua, privo di qualsiasi attuale efficacia. Dopodiché sia il presidente del Consiglio sia il ministro dell’Economia dovrebbero sgombrare il campo. Di danni ne hanno fatti fin troppi. Il loro ritorno a casa sarebbe l’unico regalo che dovrebbero fare al paese.